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zucchero nel caffè

Il caffè non dovrebbe piacerci. In natura la capacità di distinguere il sapore amaro, nel corso dell’evoluzione, ci ha protetti da sostanze potenzialmente tossiche e velenose o comunque nocive.

Come mai allora l’amaro dell’espresso è irresistibile? Uno studio, indagando il rapporto tra genetica, sensibilità all’amaro e predisposizione a consumare caffè, ha mostrato che le persone più sensibili al sapore amaro della caffeina sono anche quelle che bevono più caffè.

Pare che questa predisposizione a ricercare e apprezzare la sostanza derivi da esperienze di rinforzo positivo: impariamo ad associare la caffeina ad effetti positivi di stimolazione e benessere, e queste risposte dell’organismo ci rendono ancora più recettivi al suo caratteristico aroma.

il caffè contiene già zucchero!

Non tutti sanno che l’Arabica è la specie più aromatica e meno amara proprio perché naturalmente contiene l’8% di zucchero, mentre la Robusta ne contiene il 5%.

A conferma che il caffè contiene zucchero: il cambiamento del colore del chicco da verde a bruno-olivastro durante la tostatura è dovuto proprio alla caramellizzazione degli zuccheri. È in questa delicata fase che la percentuale di zuccheri passa dal 10% al 2% e sulla superficie del chicco compare un olio di colore bruno, che determina il caratteristico retrogusto di cioccolato e una leggera perdita di caffeina.

La presenza di zucchero è talmente ridotta che il caffè è da considerarsi a tutti gli effetti una bevanda ipocalorica. Basti pensare che una tazzina media ha solo 2,4 calorie.

Il caffè è inoltre ricco di polifenoli antiossidanti, di minerali essenziali come ferro, calcio, magnesio, potassio e fosforo. Recenti studi dimostrano che l’insieme dei nutrienti presenti nel caffè, compreso lo zucchero, contribuiscono al benessere dell’organismo.

Allora perché aggiungiamo lo zucchero nel caffè?

È un’eterna e annosa diatriba tra gli amanti del caffè: il caffè si beve rigorosamente amaro oppure può essere zuccherato?

Le scuole di pensiero sono tante, le leggende altrettante. Entrambe le fazioni si appellano al gusto, alla tradizione, all’idea che “un vero intenditore beve il caffè così”.

In realtà chi è abituato a bere il caffè zuccherato, di solito ha un’impressione sgradevole quando ne assaggia uno amaro per la prima volta. Viceversa, chi beve o chi si è abituato a bere il caffè amaro non tornerebbe mai più indietro. Anzi dice di avere l’impressione che lo zucchero nel caffè ne alteri il reale sapore ed il caratteristico retrogusto.

In Italia, le due fazioni sono così agguerrite nel difendere la superiorità del caffè amaro o zuccherato, anche perché nel nostro Paese il caffè non è semplicemente una delle tante bevande: il caffè è una questione sociale e culturale, è il simbolo di una società dai ritmi lenti ma proficui, che piuttosto che deprimersi o cedere alla malinconia, si fa un bel caffè che scaccia tutti i problemi in un colpo solo!

Ma quant’è lo zucchero che mettiamo nell’espresso?

Un esperimento basato sulla teoria della “spinta gentile” di Richard Thaler (premio Nobel per l’economia 2017) ha dimostrato che l’unità di misura per l’utilizzo dello zucchero in bustina non è la quantità di prodotto ma la bustina stessa.

Solo che fino a 20 anni fa una bustina di zucchero conteneva 7g. Poi negli anni, la maggiore attenzione a diete e salubrità degli alimenti, hanno fatto ridurre la quantità di zucchero contenuta all’interno delle bustine fino a 3-4g.

La bustina spesso porta all’utilizzo parziale dello zucchero contenuto (e l’eccedenza diventa rifiuto alimentare). Per contro non mancano i casi in cui invece porta a consumare più zucchero del necessario.

Qual è il rapporto tra zucchero e caffè nella tazzina?

Un espresso è 25/30ml. Quindi su 25g, quanta è acqua e quante sono sostanze estratte dal caffè (e quindi di caffè vero)? La risposta è l’8-10% circa.

Pertanto significa che su 25g di bevanda troviamo 2,5g scarsi di sostanze sciolte dal chicco di caffè. A cui poi si aggiungono almeno altri 4g di zucchero.

Attenzione allora non tanto all’uso, quanto all’abuso dello zucchero nel caffè!

Gli esperti comunque consigliano di godersi il caffè senza l’aggiunta di zucchero.

Lo zucchero nel caffè è davvero così grave?

Il caffè non è fatto in pochi minuti. È fatto in giorni, mesi, persino anni di duro lavoro.
Ogni fase della filiera è focalizzata sulla valorizzazione dei migliori sapori possibili in un caffè.

E questi sapori sono unici: sono creati dalla varietà di caffè, dal terreno in cui è stato piantato, dall’uso di fertilizzanti (organici o non), dalla quantità di ombra, dall’altitudine, dal metodo di lavorazione e altro ancora.

Successivamente il torrefattore sceglie un profilo di tostatura che enfatizzi i migliori sapori in questi chicchi di caffè.

Il barista infine sviluppa una ricetta che evidenzi ulteriormente quelle note.

Aggiungendo lo zucchero nel caffè, non solo lo si rende più dolce.

Caffeina, zucchero e acqua interagiscono a livello molecolare per bloccare il gusto amaro del caffè che alcuni non amano. Uno studio mostra che lo zucchero nel caffè riduce l’amarezza della bevanda cambiando la sua chimica fondamentale.

L’equilibrio del sapore cambia. Un caffè perfetto, una volta aggiunto lo zucchero, non sarà più la stessa bevanda.

Zucchero VS caffè non buono

Molti ritengono che lo zucchero nel caffè possa correggere e rendere più gradevole un caffè non buono o venuto male. In realtà non è affatto così!

Lo zucchero è un esaltatore di sapidità (come sale o pepe) ed ha la straordinaria capacità di aumentare la persistenza aromatica (attenzione: sia per i caffè buoni, sia per quelli cattivi), migliorare la percezione sferica e il corpo e deprimere l’amaro, consentendo anche a quanti sono particolarmente sensibili a questo sapore di concentrasi maggiormente sugli aromi e quindi di aumentare il piacere che ricavano dall’atto di consumo (sempre che il caffè sia buono).

Il che significa: una quantità modesta di zucchero nel caffè può esaltarne il sapore naturale, ma al tempo stesso può accentuare, non di certo coprire o migliorare, i difetti quando il caffè invece non è buono.

Parliamo di zucchero, non dei dolcificanti, che non hanno le stesse virtù sensoriali dello zucchero e non di rado incrementano l’amaro o comunque lasciano retrogusti strani.

Il gusto è nella mente del consumatore

Il caffè è una scienza e un’arte al tempo stesso.

Il caffè, come l’arte o il cibo o la musica, è una preferenza. Alcuni caffè sono come la Monna Lisa, universalmente bella, mente altri sono come le donne di Modigliani: è necessario avere una certa comprensione della materia per apprezzarli.

Il caffè, come l’arte, ha alcuni attributi universalmente apprezzati. Ma poi sta al singolo decidere quale caffè desidera consumare.

Inutile vergognarsi dello zucchero nel caffè!

Forse la maggior parte delle persone non ha mai assaggiato caffè naturalmente dolci e puliti, che siano stati correttamente preparati. Il loro unico punto di riferimento è il caffè con lo zucchero.

Ciò non significa che non possiamo garbatamente suggerire agli appassionati che preferiscono il caffè zuccherato di assaggiarlo prima di decidere se aggiungere o meno lo zucchero. Proviamo il cibo prima di aggiungere sale, quindi perché non fare lo stesso con il caffè?

Alcuni probabilmente continueranno a mettere lo zucchero nel caffè e il loro comportamento non cambierà. Ma altri con il tempo inizieranno a metterne sempre meno… fino al giorno in cui non avranno più bisogno di zucchero nel caffè.

I “baristocratici” sentono un colpo ai loro cuori quando si aggiunge lo zucchero nel caffè.
Ma non ha senso giudicare qualcuno per come gusta il caffè.
Apprezziamo tutti il caffè in modi diversi.

I gusti sono gusti, per definizione profondamente soggettivi.
Ma è altrettanto vero che non tutti i caffè e le miscele sono uguali.

L’espresso evoluto

Non possiamo prescindere dal fatto che negli ultimi decenni l’espresso è profondamente evoluto e continua a cambiare.

In passato, nelle miscele era frequente trovare un profilo di tostatura spinto che ingenerava una sensazione amara piuttosto accentuata. Questo procedimento era funzionale all’ottenimento di una bevanda di corpo importante e grande intensità ma, in verità, spesso serviva anche a nascondere i difetti che sarebbero emersi da una tostatura più equilibrata e chiara.

Oggi il profilo di tostatura si sta “ingentilendo”, la qualità media del prodotto da lavorare è migliore e quindi, logicamente, la tostatura dovrà portare maggior rispetto ad un caffè più pregiato, più complesso e più aromatico.

Lo stesso rituale dell’espresso si sta evolvendo e quella che era soltanto un’abitudine, sta diventando un vero e proprio rito edonistico, vario e personalissimo, alla ricerca del puro piacere di bere un espresso. In fondo l’espresso non nutre e non è un alimento necessario, pertanto deve soddisfare i gusti personali di ognuno.

L’analisi sensoriale non mente

Tuttavia, se parliamo di analisi sensoriale, di valutazione oggettiva e non soggettiva, di determinazione obiettiva della qualità di un caffè, di un’origine o di una miscela estratti in espresso, allora le cose cambiano.

Il profilo aromatico in tazza di un espresso dovrebbe essere piuttosto ampio e complesso. Si parla di una complessità superiore anche ai grandi vini rossi per la presenza di oltre 2000 differenti molecole aromatiche. Tra queste, ve ne saranno alcune in concentrazione tale da essere percepite in maniera netta e dominante ma, possibilmente e probabilmente, ve ne saranno altre in concentrazione molto minore, magari bassissima, e quindi molto più difficilmente percepibili.

Nell’ambito delle molecole aromatiche molto concentrate nei soli 25ml di un espresso, si potrebbero avere sensazioni meravigliose, soavi, suadenti e amabilissime ma anche piccoli difetti, tali da penalizzare drasticamente la qualità della bevanda in esame.

La tostatura tipica per espresso italiano tende a ingenerare una sensazione amara percepibile, e inevitabile per la caramellizzazione degli zuccheri a sua volta accentuata dall’amarezza della caffeina presente nel chicco. Questa nota amara potrebbe “coprire” e nascondere altre sensazioni magari più lievi e delicate come quelle di meravigliosi aromi di fiori e/o frutti che il degustatore vuole cogliere.

Nello stesso tempo, la tostatura potrebbe far emergere anche piccoli difetti e allora è obbligatorio coglierli, soprattutto se si sta facendo analisi sensoriale.

Per queste ragioni la degustazione di un espresso con o senza zucchero potrebbe dare esiti differenti.

Alla fine “basta un poco di zucchero”

quanto basta a bilanciare la naturale amarezza (lieve e moderata) del caffè tostato!

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