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Oggi in Italia si contano quasi 150.000 bar (149.154 secondo i dati della FIPE, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi) che ogni giorno servono 175 tazzine di caffè ciascuno, contando solo l’espresso semplice.

Numeri che rendono l’idea della passione che gli italiani coltivano quotidianamente per questa bevanda.

L’Italia è da sempre appassionata di bar, questi luoghi di socializzazione per bere un caffè o un grappino, per leggere il giornale, per guardare la partita o giocare a carte.

Per un italiano, entrare in un bar per un caffè è ordinario e quotidiano, quasi scontato.

Eppure non in molti conoscono la storia del bar e la sua evoluzione.

L’origine del caffè è altrove, tra l’Etiopia, la Turchia e l’Austria.

Ma quando è stato aperto il primo bar in Italia?

Com’è cominciato tutto questo?
Come si è arrivati al classico bar al quale oggigiorno tutti noi siamo abituati?

Quella del bar italiano è una storia antichissima, che parte dai Romani per arrivare ai bar moderni, perfetta fusione di mondanità e comfort.

Potrebbe essere definito un prototipo di bar quello che gli antichi Romani chiamavano “taberna”, che all’interno di un caseggiato accoglieva i viandanti per rifocillarsi dopo il lavoro o un lungo viaggio, dove si servivano vino e piatti caldi e freddi.
Tracce di locali simili alla taberna sono riconducibili anche ai Greci e agli Etruschi.

Ma affinché la bevanda da bar per eccellenza, il caffè, approdi in questi esercizi, bisogna aspettare i Turchi.
La storia dei bar inizia infatti fuori dall’Europa.
Già nel 1500 in Medio Oriente c’erano dei locali in cui veniva servito il caffè preparato appunto “alla turca” e davanti alle tazze fumanti si incontravano artisti e uomini d’affari.
Un concetto di luogo aperto, un punto d’incontro, dove vedersi lontano da casa, per consumare bevande pregiate e ridere, pensare e discutere.

In Europa questo modello di caffetteria araba già conosciuto in tutto il Medio Oriente fino a Costantinopoli è stato importato dai Turchi nel XVII secolo, quando nel 1683 assediano la città di Vienna.

In principio fu il “caffè”

Questa nuova moda inizia a diffondersi a partire dall’Austria, lì dove un polacco che ha lavorato come corriere durante la guerra turco-prussiana, avendo appreso le tecniche per la preparazione del caffè, apre il primo locale nel 1684.

Con la presenza sempre più capillare sul territorio dei primi “caffè”, si raffina anche la realizzazione di quella bevanda dal gusto esotico che tanto sembra piacere ai palati europei.

Per vedere i primi “caffè” in Italia bisogna aspettare il XVIII secolo quando a Venezia, non a caso porto commerciale frequentato dai mercanti turchi, apre il celebre Caffè Florian nel 1720. Tanto che Carlo Goldoni, nella sua opera “La bottega del caffè”, menziona questi nuovi luoghi descrivendone momenti e atmosfere.

Seguiranno poi il Pedrocchi di Padova (1722), il Gilli a Firenze (1733), il Greco a Roma (1760), etc.

Proprio a Roma però, la storia dei bar trova un ostacolo, ovvero la Chiesa.
A causa delle proprietà eccitanti del caffè, quest’ultimo viene considerato un’opera del diavolo e dunque messo al bando. Si racconta che fu Papa Clemente VIII ad abbattere il muro opposto dalla religione nei confronti di tale bevanda. Dopo un assaggio clandestino, pare ne sia rimasto piacevolmente sorpreso al punto da decidere di abolire il divieto precedentemente imposto.

Nulla ferma così l’espansione del caffè: dopo l’Italia è il turno della Francia, dove a Parigi il siciliano Procopio Coltelli inaugura il suo Café Procope.

Si conta che complessivamente a cavallo tra l’800 e il 900 furono diverse migliaia i bar aperti in Europa. Prende vita l’arte del cocktail, si cominciano a servire tè e infusi e sempre più le caffetterie assumono il ruolo di centri culturali specialmente per gli intellettuali e gli aristocratici. Sono dei salotti a tutti gli effetti, dei luoghi dove poter parlare di politica, letteratura oppure organizzare una rivoluzione.

Dal “caffè” al “bar”

La storia dei bar passa anche per le parole.

Se le prime insegne riportavano la dicitura “caffè”, con il tempo inizia a trovare sempre più spazio il “bar”.
Non si può parlare di questo tipo di locali senza comprendere da dove derivi la parola “bar”.

bar italiano - italian barIn realtà “bar” ha un’etimologia incerta e si trovano una serie di affascinanti interpretazioni.

Secondo la prima, “bar” sarebbe una contrazione dell’inglese “barrier” che significa letteralmente “sbarra”. Ai tempi dei primi coloni in Sudamerica, nelle osterie e nelle bettole, l’angolo riservato alla vendita degli alcolici era separato dal resto del locale da una sbarra, che poi ha finito per indicare l’esercizio stesso.

Mentre la seconda conduce all’aggettivo inglese “barred” che significa “sbarrato”, dal quale sempre per contrazione ha avuto origine l’odierno “bar”. Il periodo risale al XIX secolo, quando in Inghilterra una legge vietò la vendita e il consumo di bevande alcoliche e sulle porte dei locali vennero inchiodate delle assi con la scritta “sbarred”.

Entrambi i termini sono di derivazione latina, dal latino volgare “barra”.

In Italia però l’uso del termine “bar” si discosta parecchio rispetto ai paesi anglofoni e indicherebbe le due barre di ottone poste al bancone. Si potrebbe pertanto assimilarla al concetto stesso di bancone che ancora oggi divide il barista e il suo piano di lavoro dal cliente.

Ancora, il termine sarebbe l’acronimo di “Banco A Ristoro”. A usare per primo la parola “BAR” (e probabilmente anche a inventarla) pare sia stato un imprenditore italiano, tale Alessandro Manaresi, che nel 1898 apre il primo “BAR” a Firenze usando appunto le tre lettere come sigla per “Banco A Ristoro”.

Un simbolo della cultura italiana

Nel 1900 inizia così a scomparire la scritta “caffè” a favore di “bar”, affermandosi nell’immaginario collettivo come uno dei simboli dell’Italia.

La storia dei bar in Italia conosce il suo momento di splendore a metà del XIX secolo, quando l’ormai affermata borghesia era solita ritrovarsi ai tavolini dei caffè per assaporare la mondanità. Molti dei locali dell’epoca hanno ospitato grandi personalità del mondo culturale, hanno visto nascere tresche politiche e ordire complotti.

Anche alle donne, proprio a metà dell’Ottocento, viene concesso l’ingresso e molte di loro diventano clienti abituali.

Col passare del tempo, a partire dal secondo dopoguerra, da luogo elitario divenne però sempre più popolare: qui si riunivano non solo politici, attori ed artisti, ma anche persone di ogni ceto sociale.

Con gli anni del boom economico, tra il 1950 e il 1960, cambiano i ritmi di vita e con essi anche le abitudini: andavano tutti di corsa a lavorare e il tempo da dedicare alla colazione a casa sembrava ridursi sempre più al punto da invogliare le persone a passare al bar giusto per un espresso veloce per poi scappare via.

È così che il bar fu scelto dagli italiani come il luogo per cominciare la giornata con un “caffè al volo” o “cappuccino e cornetto”.

Tale consuetudine si afferma definitivamente nel corso del decennio successivo con l’aggiunta dell’irrinunciabile pausa caffè nel corso della giornata.

Si potrebbe dire che la storia dei bar ha seguito le evoluzioni della società italiana cogliendone i mutamenti e le novità.

Oggi, soprattutto nei centri abitati, il bar svolge un ruolo fondamentale nella vita degli Italiani, a volte il barista diventa un amico, un confidente e il locale stesso diventa un appuntamento fisso, un momento di fuga dallo stress quotidiano, una distrazione.

Per dirlo con le parole di Luciano De Crescenzo: “vi siete mai chiesti cos’è il caffè? Il caffè è una scusa. Una scusa per dire a un amico che gli vuoi bene”.

Il “bar all’italiana”

L’Italia ha avuto una parte essenziale nella storia dei bar, differenziandosi poi rispetto ad altri Paesi nel creare una tradizione diventata col tempo tipicamente italiana.

bar italiano - italian barIn Italia infatti con il termine “bar” si intende un locale con un’offerta molto ampia, in cui vengono serviti e consumati sia alcolici che analcolici oltre a caffè e cappuccini, cibi dolci (cornetti e altre paste per la colazione) e salati (panini e pizzette per il pranzo).
Un bar può anche disporre di luoghi per la consumazione, all’interno o all’esterno del locale, ed è considerato nella cultura italiana come uno dei principali punti di aggregazione, ritrovo e svago, soprattutto nelle ore diurne e pre-serali.
Il “bar all’italiana” è infatti un luogo per leggere il giornale, per guardare sport alla televisione (Bar-Sport), per chiacchierare tra amici o per giocare a carte. Ha a volte la funzione commerciale di tabaccheria (Bar-Tabaccheria).

Il bar è indiscutibilmente uno dei simboli dell’Italia, associato al piacere degli italiani di concedersi un caffè a qualunque ora del giorno o un aperitivo al tramonto, ed è sicuramente il tipo di locale che maggiormente ci rappresenta anche all’estero.

Infatti anche all’estero si trovano bar all’italiana, ma nei paesi di lingua inglese, tedesca e spagnola, l’equivalente del “bar italiano” è più o meno associabile al termine “café”.

Non è un caso che Howard Schultz, fondatore di Starbucks, nel suo primo viaggio in Italia, a Milano, nel 1983 fu affascinato e ispirato non solo dalla cultura dell’espresso ma soprattutto dall’atmosfera, dal senso di comunità, il contatto umano così genuino tra i baristi e i clienti che trovò nei bar italiani. E proprio a questo si ispirò per poi portare Starbucks in tutto il mondo.

Cosa significa, oggi, creare un bar o una caffetteria di qualità in Italia?

Quali sono i parametri fondamentali da valutare quando si prende in esame un bar?

La qualità del caffè, innanzitutto

Il bar oggi deve essere un luogo dove fermarsi per una pausa gourmet di grande qualità, dalla colazione all’aperitivo.
Elemento fondamentale, imprescindibile. Ma che da solo non basta.
Una condizione necessaria ma non sufficiente perché a fare la differenza poi è la somma di vari fattori: il gusto, la sperimentazione, il servizio, la cura del cliente.

Il valore dell’esperienza

Quella del bar deve essere un’esperienza unica, memorabile e raccontabile.
Raccontabile, in modo che possa generare il passaparola, da sempre la forma di pubblicità migliore che esista.
Ma soprattutto un’esperienza unica, con tratti chiari e distintivi.
Se la materia prima è buona e viene lavorata con cura e professionalità, l’espresso sarà piacevole, a prescindere dalla miscela di caffè scelta.
Per distinguersi fra i consumatori occorre però offrire momenti e situazioni esclusive.

La formazione del barista

Se il caffè continua ad essere la principale ragione per cui si entra in un bar, per valorizzarlo al meglio servono studio e pratica continui.

Perché dietro ogni buona estrazione, ci sono altrettanti tentativi non riusciti e prove, ma anche esperimenti, libri letti, calcoli, proporzioni.
Perché un barista professionista è prima di tutto un ricercatore.
Perché la lavorazione di prodotti artigianali richiede tecnica, esercizio, precisione. Fattori che non si possono improvvisare. Significa conoscere il viaggio del chicco di caffè dalle piantagioni alla tazzina, e quindi aspetti di botanica, agronomia, chimica, fisica e il complesso processo produttivo che porta all’espresso perfetto. Significa formazione.

bar italiano - italian bar - baristaIl ruolo del barista è fondamentale nella riuscita di un buon espresso perché il barista rappresenta l’ultimo anello della filiera caffeicola.
La mano del barista per definizione, perché contempla il fattore umano, non garantisce costanza, ma proprio per questo conferisce un valore aggiunto alla bevanda e aumenta l’esperienza sensoriale del consumatore.

Hey barista, racconta il caffè!

Il barista, come ultimo anello della filiera, è il punto di congiunzione fra produttore e consumatore. Deve pertanto assolvere anche il compito di divulgatore. A lui, la responsabilità di raccontare e spiegare l’origine del prodotto che sta servendo, la qualità e il lavoro racchiusi nella tazzina.

Il punto di forza di un bar è proprio la comunicazione.

Le persone che vanno a fare colazione al bar devono uscire arricchite di informazioni e emozioni.
Con pazienza, umiltà e costanza, il barista può formare consumatori consapevoli. Senza dimenticare di rispondere alle loro esigenze.

Crescita del settore: opportunità e sfida

I dati dicono che i consumi fuori casa continuano ad aumentare. Quello del caffè, e più in generale dei bar, è un universo in fermento.

Ma affinché la crescita e il progresso del settore possa continuare, la collaborazione fra torrefazioni e bar è fondamentale. Non deve essere solo un rapporto solido e duraturo nel tempo.

Le torrefazioni come SpecialCoffee investono sempre di più nella formazione dei baristi.

Per i baristi è quindi tempo di impegnarsi al massimo, partecipando a corsi, eventi, manifestazioni, convegni. Lo studio e la ricerca deve essere una scelta e non un obbligo.

Non ci si può sempre aspettare di essere spronati. È giusto che chi opera nel settore del caffè si muova autonomamente per potenziare e incrementare le proprie capacità e conoscenze, attraverso un confronto incessante.

Parole d’ordine: continuare ad evolversi, apertura, fare sempre meglio, mettersi in discussione, sperimentare, rischiare, flessibilità, tenersi al passo con i tempi e rinnovarsi. Pur mantenendo la propria identità e rimanendo fedeli a sé stessi.

Confronto con l’estero

Nel frattempo, il caffè continua a raccogliere l’entusiasmo dei consumatori anche all’estero. Anzi, soprattutto all’estero, dove si sta sviluppando sempre di più la tendenza del caffè filtro e di metodi di estrazione alternativi all’espresso.

Per un’azienda come SpecialCoffee che esporta più del 70% nei paesi stranieri il confronto con le altre culture è basilare.

Il mondo del caffè è un mondo ampio, sfaccettato, poliedrico, in cui ognuno può trovare la propria strada, in cui un percorso non esclude l’altro.

Sono tanti i modi di bere e apprezzare il caffè di qualità: c’è chi preferisce i porzionati, chi la moka, chi il caffè filtro, chi gli specialty coffee e chi ama l’espresso al bar.

Paesi che fino a qualche anno fa erano molto indietro in fatto di caffè, hanno saltato dei passaggi interi e, in maniera repentina, hanno raggiunto il livello di Paesi dove la cultura del caffè è molto più radicata.

Il bar italiano resta un modello di grande attualità, per i valori e la dimensione dell’offerta: un universo di bar e caffetterie che svolgono una preziosa funzione sociale e che ogni anno servono 6 miliardi di tazzine di caffè.

Ma quale sarà il bar di domani?

Il bar di domani: più che un locale, un’esperienza di consumo.

Tornerà a essere l’immancabile ritrovo della comunità come nei paesi di una volta, o diventerà un palcoscenico hi-tech per le nuove generazioni iper-connesse?

bar italiano - italian barPunterà tutto sulle ibridazioni, trasformandosi durante la giornata per soddisfare le diverse occasioni di consumo, o sarà un locale super-specializzato che si giocherà tutto su uno dei grandi trend, dal monoprodotto al free-from, dal salutista al veggie?

L’identikit del bar italiano del futuro è per ora tutt’altro che definito.

Nel mercato altamente competitivo dei prossimi anni, difficilmente ci sarà posto per i locali “senz’anima”, che saranno sempre più relegati in nicchie marginali basate sul basso prezzo.

Spesso infatti il punto non è tanto aprire un locale, quanto riuscire a mantenerlo aperto.
Si tratta in sostanza di riuscire a far sentire la propria voce, chiara e definita, al di sopra del “rumore di fondo”.
Per assicurare un’attività sostenibile anche nel medio-lungo periodo, le chiavi di una buona marginalità saranno identità e riconoscibilità rispetto a una delle “tribù lifestyle” cui aderiranno i consumatori.

Rispetto a un’offerta di prodotti suddivisa su locali diversi, l’ibridazione non è più una tendenza ma è ormai una situazione acquisita, in particolare si va riducendo il gap tra bar-caffetteria e panetterie-bakery per conquistare i target più pregiati, come i millennials.

Sempre più spesso, i negozi integrano caffetterie o viceversa. Un connubio tra acquisto veloce e consumo, che significa una permanenza più lunga e quindi un incremento delle probabilità di vendita.

E poi spazi in cui ciò che il cliente consuma direttamente può anche portarlo a casa per rivivere l’esperienza. Ciò riguarda prodotti di alta qualità, made in Italy, in cui il protagonista è l’ingrediente controllato e il produttore.

In questo quadro è soprattutto sull’immagine e sul dettaglio che si gioca la differenziazione.

Le ibridazioni più promettenti sono quelle che offrono un’esperienza che tocchi nel profondo ogni senso, per lasciare un ricordo indelebile.

L’opportunità è proprio interpretare le diverse necessità con il prodotto giusto.

Ma naturalmente l’Italia è un Paese molto diversificato e le tendenze non si presentano uguali nelle diverse aree geografiche.
Al Sud, il bar tradizionale è ancora molto radicato e, come evoluzione del bar italiano nei prossimi anni, più che l’ibridazione potrebbe esserci una maggiore cura della qualità del caffè, con la comparsa delle diverse modalità di estrazione, ai quali devono essere educati prima i baristi e poi i clienti.

Qualità, identità, chiarezza sui target ai quali ci si vuole rivolgere sembrano essere le parole chiave per presentarsi come un’esperienza di consumo a tutto campo, dal design agli ingredienti, che il consumatore possa sentire affine alla propria “tribù”.

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