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smart working

Cambiano le preferenze, le necessità e il modo di lavorare, che diventa più smart.

Ma anche nell’ufficio 3.0 c’è sempre una cosa che non mancherà mai: il caffè e la sua pausa.

L’ufficio 3.0

è multifunzionale, eco-sostenibile, agile e pieno di tecnologie. Un luogo dove ci si reca volentieri e che aumenta la soddisfazione delle persone, che si evolve sempre più in direzione delle esigenze e dell’accoglienza delle persone, con una spinta al “work life balance”, ovvero alle modalità che possano agevolare la conciliazione della vita personale con quella lavorativa.

Un’indagine Accenture Interactive va oltre: nel workplace del futuro (non troppo lontano) emergono modalità di lavoro innovative, in grado di stimolare benessere e produttività. Il luogo di lavoro tende a riprodurre la sensazione di casa per favorire il dialogo e la cooperazione, andando così a consolidare le relazioni interpersonali, anche durante le pause.

Non significa lavorare meno, ma lavorare meglio.

D’altra parte sappiamo che rendimento, produttività e soddisfazione professionale sono fattori influenzati dal benessere.

In questo contesto di benessere e produttività crescono, all’interno dell’ufficio, gli spazi dedicati ad attività non strettamente lavorative, come aree break, di intrattenimento e comfort dove staccare e rilassarsi. Aree accoglienti in cui la pausa caffè favorisce lo scambio di opinioni e punti di vista, sviluppa la creatività e fa da contraltare al momento del lavoro in senso classico, quando si sta seduti alla scrivania.

Se da un lato il luogo di lavoro riproduce la sensazione di casa, con lo smart working invece è la casa a riprodurre la sensazione di ufficio.

Smart working

Nato per le donne che dovevano badare ai piccoli in casa, da condizione esclusiva e quasi elitaria, è diventato una marcia in più per molte aziende e nel giro di pochi anni diventerà il tratto comune di milioni di lavoratori.

L’emergenza coronavirus ha fatto scoprire all’Italia il lavoro agile o a distanza, che le ha permesso di non fermarsi.
E questo momento storico così difficile potrebbe proprio essere un volano per accelerare il processo di digitalizzazione del lavoro.

I dati dicono che con lo smart working la produttività aumenta del 40%.

Ma lo smart working è anche un cambiamento culturale che presuppone l’abilità di adattarsi alla vita liquida da smart worker.

La vera sfida è avere lo stesso livello di concentrazione e forma mentis che si ha in ufficio.

Anche se non esistono “istruzioni per l’uso” che valgano per tutti, nell’apparente libertà e autogestione del lavoro agile, per riuscire a mantenere sempre alta l’asticella della qualità, a raggiungere gli obiettivi fissati dall’azienda nei tempi e nei modi stabiliti, a restare insomma i professionisti che siamo, sfuggendo ai tentacoli di una “vita extra ufficio”, e al tempo stesso scongiurando il destino inverso di finire schiacciati dal senso del dovere, è indispensabile fissarsi delle regole.

I manuali di sopravvivenza allo smart working concordano su:

  1. tempi e orari: da stabilire con chiarezza da subito un inizio e una fine.
    A volte stare a casa fa dilatare il tempo e non si capisce più quando si smette di lavorare. È necessario quindi concentrarsi, allineandosi con gli altri del team e smettere di lavorare quando stabilito.
    Riservandosi tuttavia la possibilità di rimodulare tempi e orari a seconda delle esigenze del momento (ci sarà sempre una lavatrice che termina la centrifuga, i figli da recuperare, la spesa da fare, il tecnico della lavastoviglie che stabilisce da solo quando è l’ora di un intervento, una lunga telefonata personale e via di questo passo). Sennò, che vantaggio ci sarebbe?
  2. spazi: dedicati e organizzati, in cui poter mettere tutto quello che riguarda il lavoro, per evitare di confondere tempo personale e tempo professionale, e per farci sentire in un ufficio diverso dal solito, soltanto più familiare.
  3. abbigliamento: a volte la forma è importante e gioca la sua parte. Serve a comunicare a corpo e mente che la giornata è iniziata e che siamo al lavoro (anche se fisicamente a casa).
    Inoltre vestirsi in modo adeguato e farsi trovare ordinati “alla scrivania” è sempre un buon biglietto da visita durante i meeting digitali, le conference call e le videochiamate.
  4. obiettivi: non mancheranno le interruzioni, le chiamate dei colleghi, le mail a cui dover far fronte o fornire risposte a responsabili o collaboratori. Evitiamo allora inutili e irraggiungibili liste di “to do”.
    Perché lo smart working in fondo è solo uno strumento, un metodo utile per aiutarci a bilanciare meglio vita professionale e privata, non una deroga al confronto costante con gli altri membri del team o coi propri manager. Relazioni necessarie e preziose che, se curate a dovere, richiedono comunque tempo ed energie.
  5.  modalità: staccare la spina dalla vita digitale, silenziare i nostri devices e lasciare perdere le notifiche per cercare di non farci distrarre da social e Whatsapp. Alla fine siamo noi a farne le spese.
  6. pause: fare delle pause lontano dalla postazione di lavoro, magari anche cambiando stanza, perché si deve veramente staccare la spina per qualche minuto, per poi riprendere il lavoro ancora più carichi e produttivi.
    Del resto, come in ufficio il bisogno di un caffè ci porta a fare la pausa alla macchinetta, anche in smart working bisogna prendersi una (o più) pause caffè.

L’ufficio cambia, le modalità di lavoro cambiano.

E così si evolve anche il momento della pausa caffè

sempre più occasione di scambio a livello personale e lavorativo.

Rimanendo un rito irrinunciabile.
Infatti 2 dei 3 caffè in media consumati ogni giorno si bevono sul luogo di lavoro o in orario di lavoro.

Sono tante le ricerche che lo sostengono: la pausa caffè non è più considerata una perdita di tempo ma, anzi, un momento che aiuta ad aggregare idee e a confrontarsi, ad aumentare la produttività e lavorare meglio.

Il caffè fa bene al lavoro (senza esagerare). Secondo la European Food Safety Authority, quei 75mg di caffeina (quello che c’è in una tazzina) hanno un effetto concreto sulla produttività: si sarebbe effettivamente più svegli e concentrati.

Al punto che forse non bisognerebbe nemmeno più parlare di “pausa” perché il momento del caffè è un ritorno al rito, una spinta energizzante che dà nuova benzina (sostenibile) per ripartire.

Insomma, se il benessere aziendale e professionale si potesse misurare in pause caffè, saremmo un popolo di felici cronici.

Un caffè di qualità aiuta il benessere lavorativo

Nella pausa caffè cerchiamo sempre più spesso varietà di scelta, qualità premium (intesa anche come possibilità di personalizzazione) e siamo sempre più attenti alla sostenibilità.

Qualsiasi sia il nostro approccio alla pausa caffè, non importa se in ufficio o in smart working, SpecialCoffee ha pensato a tanti modi per dare un sapore speciale a ogni pausa, con tutto quello che serve per apprezzarla al meglio, rispondendo alle esigenze e ai gusti di tutti.

  • Pregiate miscele di caffè in grani, che mantengono inalterate le proprietà organolettiche fino al momento dell’erogazione, per offrire un espresso di qualità superiore.
  • Le cialde, realizzate con la massima cura e attenzione per soddisfare i gusti di tutti, ovunque. E avere un espresso perfetto con pochi e semplici gesti.
  • Le miscele di caffè macinato, per riscoprire il piacere di fare il caffè con la moka e aspettare che l’aroma inondi la casa.

Un buon caffè fa la differenza perché è una pausa che riempie di gusto un momento da dedicare a noi stessi.

È l’arte della pausa perfetta. Perché quello del caffè è un momento speciale per staccare e concedersi qualche minuto di relax, fare quattro chiacchiere con i colleghi e ritrovare l’energia per ricominciare.

E se in smart working non ci sono i colleghi, perché non organizzare delle pause caffè in videochiamata #distantimavicini gustando un caffè ognuno al proprio posto?

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