Il gusto che il caffè ci lascia in bocca, il ricordo che rimane all'interno del palato una volta che la nostra tazzina sarà vuota: scopriamo il retrogusto, gli elementi che possiamo trovare e a come influiscono... per un finale perfetto!
“Il tempo di un caffè” è un modo di dire ormai entrato nel nostro vocabolario e nei nostri dialoghi quotidiani, acquisendo un significato comune e diffuso.
In realtà “il tempo di un caffè” è un’unità di misura del tempo “relativa”, perché non sempre corrisponde al solo tempo necessario per bere un espresso.
Ci piace infatti pensare che non debba sempre e per forza indicare “quanto tempo”, ma possa anche comunicare un modo di vivere e interpretare un momento di pausa.
Questo concetto di tempo è diverso e soggettivo, da persona a persona.
Ma quali sono i bevitori-tipo più noti?
- i frenetici: quelli che il caffè è una pausa a cui non possono rinunciare, ma non dev’essere troppo lunga perché hanno troppe cose da fare!
- gli abitudinari: quelli che il caffè è un rito irrinunciabile, con orari ben precisi per scandire i momenti della giornata… che sia moka o espresso gli orari più noti sono mattina e dopo pranzo.
- i chiacchieroni: quelli che il caffè è un piacere, ma solo se bevuto in compagnia… è un momento di convivialità per fare quattro chiacchiere con colleghi o amici… o con il barista!
- le comari: quelle che (prevalentemente donne) il caffè è un pretesto per concedersi un momento di confidenze e va bevuto comodamente, al tavolino del bar tra una chiacchiera e l’altra…
- i giornalisti: quelli che il caffè lo bevono al bar, con calma mentre leggono il giornale… anzi i giornali. Tutti. Uno dopo l’altro.
- gli “on the go”: quelli che il caffè lo sorseggiano per strada, mentre corrono in ufficio o passeggiano. Una tendenza (nuova in Italia) tipicamente metropolitana.
Ne (o ti) riconosci in qualcuno?